Gentile avvocato, sono titolare di un ristorante. Visitando un sito che permette di lasciare commenti sulle strutture ricettive abbiamo trovato, con riferimento al mio locale, alcune recensioni contenenti giudizi gravemente offensivi. Quali strumenti abbiamo per vederci tutelati?
Accade ormai sempre più frequentemente che vengano richiesti pareri legali sia da parte di singoli albergatori e/o ristoratori che di associazioni di categoria, sulla questione riguardante le recensioni pubblicate su quei siti web (ad esempio TripAdvisor, Booking, Expedia, Venere, Hotel e molti altri) che permettono ai propri utenti di poter postare recensioni su hotel e ristoranti ed ancor più su quali possano essere le soluzioni “giuridiche” per tutelarsi da tali recensioni.
Per rispondere a tali domande occorre, preliminarmente distinguere tra recensioni semplicemente non veritiere, magari perché postate da soggetti che non hanno mai goduto di servizi presso quella struttura ricettivo / alberghiera e recensioni che contengono al proprio interno veri e propri giudizi diffamatori.
Se nel primo caso appare maggiormente plausibile avvalersi, almeno in primis, della procedura interna prevista da tali siti, utilizzando il cd modulo per la contestazione delle recensioni, così da poter instaurare un primo contatto con i gestori del sito così da poter poi arrivare, alla rimozione di quei commenti o, quantomeno, a veder pubblicata una risposta agli stessi, diverse e più approfondite riflessioni devono essere svolte in presenza di recensioni propriamente diffamatorie, perché contenenti giudizi fortemente lesivi ed offensivi.
Ciò in ragione del fatto che, ad esempio, taluni siti, è questo il caso di TripAdvisor ad esempio, non chiedono ai propri utenti di registrarsi per poter postare i loro commenti.
E anzi, in alcuni casi è possibile che non sia richiesta neanche la prova di aver soggiornato presso la struttura che viene poi recensita.
Conseguenza di tutto ciò è che ci si trova di fronte a commenti anonimi privi di qualsiasi riscontro.
Anonimato che è fortemente difeso dagli stessi proprietari di tali siti i quali, proprio in ragione di una tale politica tesa alla tutela del diritto alla privacy dei propri utenti, hanno previsto espressamente nel proprio regolamento di non fornire mai, a terzi, gli indirizzi email dei recensori, fatta eccezione solo per i propri partner commerciali.
Ragion per cui, ad esempio, appare fortemente difficoltosa la via di un'eventuale querela per diffamazione.
Infatti, se è pur vero che nel caso in cui sia evidente il carattere diffamatorio dei contenuti, tesi a screditare l'immagine della struttura e della persona del titolare, attraverso la pubblicazione degli stessi su un sito web visitato da un numero indeterminato di utenti, tale condotta costituisce un reato punito dall'art. 595 c.p. il quale statuisce che "Chiunque comunicando con più persone offende l'altrui reputazione è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a € 1.032,00” e che trattandosi di commenti che attribuiscono fatti ben determinati e circostanziati interverrebbe l'aggravante del reato "Se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino ad € 2.065,00 Euro. Se l'offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni”, proprio l'anonimato del commentatore è, a parere di scrive, un deterrente molto forte alla procedibilità di tale soluzione.
Maggiormente praticabili appaiono, al contrario, strade diverse e che valgono sia per le ipotesi di recensioni non veritiere che per quelle diffamatorie.
Una è quella dell'azione civile, mediante formale diffida stragiudiziale e, nel caso la stessa non sortisca alcun effetto, l'attivazione di un procedimento finalizzato alla richiesta di un risarcimento del danno.
E' questa ad esempio, la soluzione che è stata intrapresa dal sindacato francese Sinhorcat, comprendente numerosi albergatori e ristoratori, e che ha visto la condanna di talune società proprietarie di siti operanti nel settore da parte del Tribunale di Parigi, al pagamento di una multa per 430.000,00 Euro nei confronti dello stesso per pratiche commerciali ingannevoli.
Da questo punto di vista, infatti, si è riconosciuto il titolare del sito web responsabile dei contenuti diffamatori pubblicati sul suo sito.
Il fatto che nelle "condizioni d'uso" di tali siti si fosse declinato sostanzialmente ogni responsabilità per i commenti di terzi, non è stato considerato in alcun modo rilevante.
L'altra, prevede l'attivazione all'Autorità Garante per la concorrenza di ricorso finalizzato alla condanna al pagamento di una sanzione pecuniaria ai sensi ai sensi del D.lgs. 146/2007 art. 20, 21 e 27, per pratiche commerciali scorrette.
Giova peraltro ricordare che, proprio successivamente alla presentazione di siffatto ricorso si è addivenuti nei mesi scorsi, in Inghilterra, da parte dell'Autorità di controllo sulla pubblicità, alla comminazione del primo provvedimento, proprio contro la società TripAdvisor, per pratiche commerciali ingannevoli e sleali.
Proprio alla luce di questi precedenti si prospetta la possibilita' per il gestore danneggiato di poter procedere legalmente contro i titolari di questi portali internazionali.
Il nostro studio, con sede a Firenze, offre da diversi mesi sia ai singoli gestori che alle associazioni di categoria assistenza legale specializzata nel travel web 2.0 proprio per poter intraprendere azioni stragiudiziali e/o legali contro i grandi portali di viaggi internazionali.
A cura dell'avv. Roberto Ventrella e del dott. Luca Bellezza
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STUDIO LEGALE
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